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Stavamo bene, cos'è successo?

Questa frase l'ho presa dal muro del bagno della scuola. La scritta è sbiadita dai continui tentativi delle inservienti a cancellarlo, ma quella frase non si cancella mai. La leggo sempre, e ogni volta, rimango lì a pensarci. Chi è quella ragazza che ha scritto quella frase? Perchè l'ha scritta? A chi si riferiva? Al vuoto che prova dalle continue delusioni amorose o da qualcosa di molto più profondo? Qualcosa che la inghiottisce nel suo vuoto personale? Continua sempre a comparire il concetto di 'vuoto', ma cos'è il vuoto? Niente. Cos'è niente? E qui casca il palco, il mio palco. 'Stavamo'... perchè non 'stavo'? Questa ragazza non si è mai chiesta se stava bene o meno? O forse il suo star bene era collegato a quel suffisso -amo che, si è allontanato. Cos'è successo? non posso saperlo, ma posso ipotizzarlo: c’è un “cosa”, un motivo , questo motivo riguarda il passato, un sentimento, non corrisposto, una lite, un disguido… Non sono una veggente, le inservienti forse, stanno facendo qualcosa di giusto, qualcosa che quella ragazza non dovrà più pensarci.

Ho finito di leggere il libro di Morelli, non mi ha particolarmente cambiata a livelli esorbitanti, però ho apprezzato la continua pressione sul concetto di “accettarsi” in qualsiasi modo e sull’essere se stessi, senza badare al continuo giudizio degli altri. Per essere un libro di 160 pagine è riuscito a toccarmi in molti punti. E da lì ho iniziato a farmi molte domande: Perché continuo a forzare un sentimento che non ho mai sperimentato? Perchè ho riscritto a Matteo se nemmeno io volevo scrivergli? Forse perché sono sola? Morelli dice: ‘ Solo a chi sa essere nessuno l’universo concede di arrivare al centro di se stesso’ Ma che cazzo significa? Significa molto invece! Mi sento come se avessi una miriade di personalità, Yasmine introversa, freddolosa, misteriosa, come un’ombra. Cos’è un’ombra? Uno specchio che si verifica nel momento in cui ci collochiamo davanti una fonte luminosa. Dov’è la mia fonte luminosa? Quando mi sento la prima Yasmine, guardo quell’ombra e tutte le sue delineazioni; il contorno, per capirci. Osservo il contorno delle mie lunghe gambe, del mio busto, del mio seno dove si intravede il mio turgido capezzolo, il mio naso, la mia bocca, osservandoli anche in movimento. Quando passo alla seconda Yasmine, osservo solo il nero che invade tutto l’interno di quel contorno, guardo lì, fisso. Ma dov’è Yasmine? Perchè è troppa, non riuscirei a gestirla. E chi mi dice di gestirla? Yasmine, non puoi continuare un continuo fascio di luce! Non puoi guardare quella Yasmine, perché? Perchè sono quella. 

Mi sento come se fossi davanti una vetrina di H&M, a fantasticare su quel vestito arancione che ho sempre voluto, ma non ho mai voluto disturbare i miei a comprarmelo. Guardare quel vestito mi ricorda il primo concept di Yasmine. Il contorno, il concreto. La seconda Yasmine si presenta nell’angoscia di prenderlo: “Ma se mi sta grande?” “l’arancione non sta con nulla” “20€ per un vestito è troppo” E qui mi domando: “ Dov’è la terza Yasmine? Dov’è la luce che dovrei essere? Nel frattempo continuo ad essere solo un contorno, buio, un’ombra.


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